ANDREA CASTELLI: «SANREMO ANDAVA BOICOTTATO». E SU RODOLFO BELENZANI: «FU UN TRENTINO CONTROCORRENTE»
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«Il mondo dell'arte non ha voluto unirsi in un boicottaggio del festival, sarebbe servito a "svegliare" la politica. Da noi vige la logica del crumiro e del "si salvi chi può"». Parola ad Andrea Castelli, maestro del teatro trentino, che sembra apprezzare la scelta di intitolare il nostro blog a Rodolfo Belenzani: «Figura atipica ed interessante della storia trentina, uno dei pochi contro i "pretoni"».
«Gli artisti avrebbero dovuto boicottare Sanremo per mandare tutti insieme un segnale inequivocabile al governo, in modo da manifestare la sofferenza del mondo della cultura. Invece hanno prevalso gli egoismi». Sono le parole di Andrea Castelli, veterano del teatro trentino, amato e seguito per i suoi lavori che nell’arco di cinque decenni hanno spaziato dalla comicità al racconto storico per arrivare a drammi dolorosi come il ricordo della tragedia del Cermis.
Andrea Castelli, attore, autore, doppiatore |
Con Andrea Castelli abbiamo fatto il punto sulla situazione drammatica in cui versa il comparto della cultura a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia. A poche ore dall’inizio del Festival di Sanremo l’attore trentino non nasconde il suo giudizio netto: «In Francia il mondo della cultura si è mosso compattamente e ha fatto saltare dei festival di rilievo nazionale, costringendo il governo francese ad aprire una discussione». L’esatto contrario di quanto è avvenuto in Italia: «Da noi ogni artista va per conto suo, con lo spirito del crumiro, e guarda solo al suo tornaconto. E chi se ne frega di chi rimane indietro. Ma è il problema atavico che affligge questo paese, e anche il Trentino, l’incapacità di unirsi e fare massa critica».
«In Francia gli artisti si sono uniti bloccando grandi festival e hanno costretto il governo a rivedere le sue decisioni».
Abbiamo voluto interpellare Andrea Castelli anche perché proprio da uno dei suoi lavori è arrivata l’ispirazione per il nome di questo blog. La figura di Rodolfo Belenzani, il patrizio che nel Quattrocento guidò i trentini in una ribellione dall’esito sfortunato contro il Principe-Vescovo, fu protagonista di uno degli straordinari lavori di Andrea Castelli, che dal 1992 in poi ha proposto in più occasioni uno spettacolo teatrale dedicato a questa figura singolare e atipica nella storia cittadina, svelandone le vicende al pubblico.
«Rodolfo Belenzani è tirato per la giacchetta da tutte le parti politiche, è divisivo come tutti i grandi protagonisti della nostra storia locale»
E avendo scelto Belenzani come “patrono” della nostra avventura in quanto simbolo cittadino di laicità e indipendenza, non potevamo non chiedere a Castelli un giudizio su questa scelta: «Quella di Belenzani è una figura insolita e atipica nella storia della città di Trento, uno dei pochi capaci di opporsi al potere dei “pretoni”, che in un modo più o meno sotterraneo continuano ad esercitare un sostanzioso controllo sulla nostra vita pubblica locale». Insomma, la nostra scelta ha ricevuto questo autorevole “placet” e ne siamo lieti. «Belenzani è una figura ancora significativa, - continua Castelli - Ed è tirato per la giacchetta da tutte le parti: c'è chi lo vede come uno dei precursori dell'autonomia, c'è chi lo vede quasi come un comunista. Ma Belenzani, come Cesare Battisti, come Andreas Hofer, sono figure importanti perché ciascuna a modo suo ha avuto a cuore la sua terra».
Una stampa d'epoca su via "Bellenzani" |
«La Lega proponeva di studiare il dialetto nelle scuole, io dissi: "Meglio la storia locale, eterna dimenticata"»
Ma il nome di Belenzani a molti trentini evoca solamente la via più centrale ed elegante di Trento, quella dove si trovano i grandi palazzi rinascimentali come Palazzo Thun e Palazzo Geremia. Una scarsa conoscenza della storia locale che amareggia Castelli: «Lo stesso vale per le figure di Mario Pasi, di Giannantonio Manci, di Cesare Battisti. Ma se non conosciamo queste figure che hanno fatto la nostra storia... podém nar a destender». Castelli individua le responsabilità della scuola: «Si studiano le guerre puniche, ma il Novecento anche locale, viene completamente trascurato. Questo è il motivo per cui quando la Lega anni fa propose di insegnare il dialetto nelle scuole, io mi opposi e dissi: “Meglio studiare la storia del territorio”».
Fabio Peterlongo
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