Come il "Dream Team" ha rovinato il basket americano

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Foto Fox News Piccola riflessione sull'eliminazione degli Stati Uniti dai Mondiali di pallacanestro, ad opera della Germania e pochi giorni dopo la sconfitta con la Lituania. Molti dicono che se gli Stati Uniti avessero schierato Lebron James, Kevin Durant e gli altri «pezzi da novanta», avrebbero vinto e stravinto. Il che è probabile. Ma sfugge il punto. Questo approccio è fallace: presume che contino solo le attuali dinamiche NBA. È una specie di mentalità da «ragazzino fanatico», questi pensano che solo i loro «giocatori celebrità» sappiano giocare a pallacanestro e che siano quasi dei semidei. Non esiste alcuna cultura del gioco, ma solo figurine da mettere su un album. Poteva funzionare nel 1992, quando i giocatori NBA americani erano così al di sopra del resto del mondo da non avere un briciolo di competizione. Ma quella mentalità da «Dream Team» ha rovinato l’approccio allo sport, soprattutto ora che il basket non americano (in particolare, europeo) è cresciuto. Ora l'Am

VACCINO AI GIORNALISTI? SÌ, PER FAVORE. E IN FRETTA

L'Ordine dei giornalisti ha chiesto che la categoria sia considerata tra le professioni da vaccinare prioritariamente. E ha pienamente ragione. Trentuno giornalisti e fotografi morti di covid in Italia nel 2020 ne sono la prova. Liberi (relativamente) di girare, molti giornalisti fanno il loro lavoro scendendo nelle trincee del virus e meritano almeno questa tutela.

Vaccino ai giornalisti. Gli autorevolissimi Corrado Formigli ed Enrico Mentana dicono: «No, non siamo salta-fila, prima gli anziani, prima le cassiere». Una risposta dal sentore leggermente populista, indirizzata al presidente dell'Ordine Carlo Verna che aveva chiesto di «valutare la priorità vaccinale a chi garantisce l'informazione in situazioni a rischio».  "Belenzani", dall'alto dei suoi cento lettori, si permette di dire la sua e dice sì al vaccino ai giornalisti, e anche molto in fretta, per favore. 
 
Giornalisti e fotografi attorno a Giuseppe Conte

Perché giornalisti e fotografi lavorano, spesso per pochi euro, a stretto contatto con le persone, in ambienti critici. Guardate la foto qui sopra, pensate che i giornalisti in quelle condizioni, nel mezzo di quella torma, ci stessero per scelta? Felici di sgomitare ed alitarsi l'uno sull'altro? È lavoro, è necessità, si fa perché si deve fare. Lo si fa, nonostante si sia consapevoli delle possibili conseguenze sulla propria salute e su quella dei propri cari. Lo si fa per la «passionaccia» (cit. Enrico Mentana), per la dedizione, ma anche per portare a casa uno stipendio, in maniera non differente da una cassiera, da un operaio, da un cameriere. 
 
Non tutto il giornalismo è rappresentato dagli studi delle televisioni o dagli ambienti sterili delle grandi redazioni, dove non c'è problema a fare "smart working". Secondo Adnkronos, fino all'11 dicembre 2020 erano morti di covid trentuno giornalisti, spesso contagiati per aver esercitato il proprio dovere/diritto di cronaca in quelle trincee del virus che, senza giornalisti, non verrebbero raccontate. 

Teniamone conto. E chiediamo di essere vaccinati, prima possibile, perché questo conto di vittime non salga ancora.

Fabio Peterlongo

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