TESTAMENTO BIOLOGICO, UN DIRITTO ANCORA INATTUATO
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Non è facile far valere le proprie scelte sul fine-vita in Trentino. Depositati dal notaio o in Comune, i "biotestamenti" non arrivano a chi di dovere: il personale medico
"Testamento biologico" in Trentino: un diritto umano fondamentale rimasto nella sostanza inattuato, ben lontano dall'essere esercitabile quando davvero conta, ovvero nella corsia di un ospedale. È il resoconto amaro emerso dalla nostra conversazione con Claudia Merighi, presidente dell'Associazione Laici trentini per i Diritti civili. «La Provincia autonoma di Trento è stata all'avanguardia rispetto alle altre regioni d'Italia quando nel 2013 ha attuato per prima una delibera che consente ai cittadini di stabilire in anticipo le proprie volontà sul "fine-vita" - spiega Merighi - Ma rallentamenti, burocrazia e mancanza di comunicazione hanno finora prevalso».
«Sulle Dat il Trentino era all'avanguardia in Italia, poi si è tutto fermato ed ora aspettiamo Roma».
Claudia Merighi |
Ma è la seconda fase, quella destinata a tutti i cittadini, ad essere rimasta finora sostanzialmente inattuata. È oggi possibile dichiarare le proprie volontà sul fine-vita depositando la Dat presso un notaio o presso l'ufficio dell'anagrafe comunale. Ad ora, però, le proprie volontà non vengono riportate all'interno del profilo sanitario della persona, restando un atto pressoché privato difficilmente "azionabile" (per usare il linguaggio della burocrazia) nel momento del bisogno: «Bisogna infatti immaginare di trovarsi in un momento estremo, in cui si compie una scelta definitiva, con tutte le implicazioni emotive del momento - riflette Merighi - Quale familiare ha in quegli attimi il tempo o la testa per andare dal notaio o in Comune per recuperare l'atto e farlo valere davanti ai medici? Ci vuole il cuor di leone di Beppino Englaro».
«Le scelte sul fine-vita devono essere visibili nel chip della tessera sanitaria, che ora come ora serve solo a comprare le sigarette».
Beppino Englaro |
La soluzione sembrerebbe solo una: che la volontà del malato sia immediatamente ed automaticamente visibile nel momento in cui si presenta la tessera sanitaria della persona, come accade già per la disponibilità verso la donazione degli organi: «Ormai la tecnologia ci rende tutti connessi, basterebbe inserire le volontà della persona "nel chip" della tessera sanitaria, che per ora serve solo a comprare le sigarette, - commenta Merighi - Essendo un documento di rango europeo consentirebbe alla persona di vedere rispettate le sue volontà anche se, ad esempio, ha un incidente grave mentre si trova all'estero in un paese comunitario». Ma su questo negli anni l'assessorato provinciale alla salute e l'azienda sanitaria hanno "preso tempo": «Hanno accampato scuse, dicendo che ci sono problemi informatici. Alla fine hanno deciso di aspettare l'evoluzione normativa nazionale».
E sul piano nazionale, nel 2019 è arrivato l'atteso via libera da parte del ministero alla Salute, a firma di Roberto Speranza, per l'istituzione della Banca dati nazionale delle Dat: «Il registro nazionale delle Dat raccoglie tutti i "biotestamenti" e li mette a disposizione del personale di cura. È un grande passo avanti. Ma c'è un grosso problema, ovvero la scarsa conoscenza del pubblico di questa risorsa. Serve più comunicazione», auspica Merighi.
Nell'interminabile battaglia culturale e legislativa che da decenni a questa parte si combatte sui corpi dei pazienti, è stata determinante la testimonianza e l'azione di Beppino Englaro: «La sentenza che ha sancito la legittimità della sua azione, il suo "lasciar andare" la figlia Eluana, è stata uno sparti-acque - evidenzia Merighi - Da allora il diritto italiano riconosce come sia legittimo dire al medico: "No, questo sul mio corpo non lo puoi fare". E ai medici che affermano il loro dovere di preservare la vita ad ogni costo, si deve poter rispondere: "Non senza il mio permesso"».
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