Come il "Dream Team" ha rovinato il basket americano

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Foto Fox News Piccola riflessione sull'eliminazione degli Stati Uniti dai Mondiali di pallacanestro, ad opera della Germania e pochi giorni dopo la sconfitta con la Lituania. Molti dicono che se gli Stati Uniti avessero schierato Lebron James, Kevin Durant e gli altri «pezzi da novanta», avrebbero vinto e stravinto. Il che è probabile. Ma sfugge il punto. Questo approccio è fallace: presume che contino solo le attuali dinamiche NBA. È una specie di mentalità da «ragazzino fanatico», questi pensano che solo i loro «giocatori celebrità» sappiano giocare a pallacanestro e che siano quasi dei semidei. Non esiste alcuna cultura del gioco, ma solo figurine da mettere su un album. Poteva funzionare nel 1992, quando i giocatori NBA americani erano così al di sopra del resto del mondo da non avere un briciolo di competizione. Ma quella mentalità da «Dream Team» ha rovinato l’approccio allo sport, soprattutto ora che il basket non americano (in particolare, europeo) è cresciuto. Ora l'Am

5 MARZO, SANITARI VACCINATI AL 70%, MA QUASI LA METÀ DI INFERMIERI E OSS DICE "NO"

È arrivata al 70% la quota degli operatori sanitari vaccinati in Trentino, + 7% rispetto a due settimane fa. Se l'80% dei medici si è vaccinato, quasi un infermiere od operatore socio-sanitario su due non ha finora aderito alla vaccinazione (rispettivamente al 60% e al 55% di vaccinati). Alla luce dei nuovi dati forniti dall'Apss in anteprima a "Belenzani", abbiamo cercato di capire le ragioni di questo diffuso rifiuto con il sindacalista Uil Fpl Sanità Giuseppe Varagone.

Prosegue la vaccinazione per sanitari (foto Apss)

È cresciuta del +7% in poco più di due settimane la quota dei vaccinati all’interno del personale sanitario in Trentino. Tra medici, infermieri e operatori socio-sanitari la copertura vaccinale complessiva è passata dal 63% comunicato in data 16 febbraio, alla quota del 70%, resa nota ieri a “Belenzani” dall’ufficio stampa dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari. L’accelerazione appare significativa, ma emergono alcuni elementi di preoccupazione se si vanno a scorporare i dati delle diverse professioni sanitarie.

Se l’80% dei medici risulta infatti vaccinato, il dato cala significativamente tra gli infermieri, al 60%, e tra gli operatori socio-sanitari, fermi al 55% di vaccinati. «Il dato fa riferimento, - ha precisato l’ufficio-stampa di Apss - ai 6286 componenti del personale sanitario “eleggibili” per il vaccino, che comprende quelli in servizio e non in congedo per lunghe assenze ed esclude chi ha avuto l’infezione da Sars-cov-2 negli ultimi tre mesi, che non viene al momento vaccinato». Un altro aspetto certamente interessante è quello che riguarda le “coorti” per età e per sesso maggiormente propense alla vaccinazione: «Si sono vaccinati di più le fasce di età dei più giovani e dei più vecchi (non dunque le fasce d’età “centrali”, ndr). E gli uomini più delle donne», si legge nella comunicazione di Apss. 

Anche escludendo i già guariti, i medici hanno raggiunto una soglia paragonabile all'immunità di gregge, ma lo stesso non vale per infermieri e oss.

Fino a questo punto abbiamo elencato i dati resi noti a "Belenzani". Ora cerchiamo di interpretare i numeri per comprenderne il significato. Se infatti i medici con il loro 80% di vaccinati hanno ormai superato la soglia dell’immunità “di gregge” (che l’Oms ha ipotizzato essere al 70% della popolazione), i numeri rimangono ancora incerti per infermieri e oss, in quanto mostrano ancora una diffusa opposizione (per quanto minoritaria) alla vaccinazione.

Ci siamo domandati cosa può spingere questi operatori, altamente formati in materia di salute e testimoni quotidiani del dramma della pandemia che ha mietuto innumerevoli vittime anche tra i loro colleghi, a opporre questo rifiuto. Per comprendere quali possono essere i meccanismi psicologici dietro a questa “indisponibilità” ad essere vaccinati, abbiamo sentito il segretario di Uil Fpl Sanità Giuseppe Varagone, egli stesso infermiere presso il pronto soccorso dell'Ospedale di Arco.

 Ci domandiamo: perché tutti questi no al vaccino tra infermieri e oss (e in misura minore anche tra i medici), nonostante la terribile esperienza vissuta.

Giuseppe Varagone, segretario Uil Fpl Sanità
 
Varagone sospetta che nei confronti degli operatori sanitari sia mancata finora una campagna d'informazione capace di rassicurare veicolando un'autentica conoscenza del vaccino: «Credo che quello dei sanitari non sia un mondo a parte rispetto al resto della popolazione - ha commentato Varagone - Viviamo in un'epoca in cui è inevitabile farsi influenzare da ciò che si legge sul web e sui social-network, che veicolano tanta disinformazione». Insomma, sarebbe cruciale il contrasto alle fake-news sulla presunta e non dimostrata (anzi, si direbbe più correttamente il contrario) pericolosità dei nuovi vaccini: «In parte il personale sanitario è disorientato dalle tante informazioni discordanti. Occorrerebbe che i media si pronunciassero con più chiarezza per essere compresi da tutti, compresi i lavoratori della sanità». A quanti ipotizzano l’introduzione dell'obbligatorietà vaccinale per chi, come medici, infermieri e oss, lavora a stretto contatto con malati e persone con fragilità, Varagone risponde che vi sono dei limiti legali a questo tipo di intervento: «In Italia è complicato introdurre un simile obbligo. Penso che la soluzione più corretta ed efficace sia una campagna d'informazione con la quale le autorità sanitarie danno risposte chiare e personali alle ansie e alle preoccupazioni degli operatori». 
 
Insomma, per Varagone la persuasione può più dell'obbligo: sperando che abbia ragione, occorre che il personale sanitario mandi un messaggio chiaro al resto della società, che guarda a medici, infermieri e oss come un modello di riferimento per comprendere "che fare" in questi tempi faticosi. Occorre che i "dubbiosi" sciolgano le riserve e si vaccinino. Anche per evitare che il legislatore debba farsi carico della scelta estrema di cambiare quelle leggi che, lasciandoci liberi di scegliere, ci hanno reso anche moralmente responsabili di ciò che facciamo.
Fabio Peterlongo



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