Come il "Dream Team" ha rovinato il basket americano

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Foto Fox News Piccola riflessione sull'eliminazione degli Stati Uniti dai Mondiali di pallacanestro, ad opera della Germania e pochi giorni dopo la sconfitta con la Lituania. Molti dicono che se gli Stati Uniti avessero schierato Lebron James, Kevin Durant e gli altri «pezzi da novanta», avrebbero vinto e stravinto. Il che è probabile. Ma sfugge il punto. Questo approccio è fallace: presume che contino solo le attuali dinamiche NBA. È una specie di mentalità da «ragazzino fanatico», questi pensano che solo i loro «giocatori celebrità» sappiano giocare a pallacanestro e che siano quasi dei semidei. Non esiste alcuna cultura del gioco, ma solo figurine da mettere su un album. Poteva funzionare nel 1992, quando i giocatori NBA americani erano così al di sopra del resto del mondo da non avere un briciolo di competizione. Ma quella mentalità da «Dream Team» ha rovinato l’approccio allo sport, soprattutto ora che il basket non americano (in particolare, europeo) è cresciuto. Ora l'Am

«NELLA TRENTO SVUOTATA DALLA PANDEMIA, SI AFFACCIA LA CRIMINALITÀ»

Nella città resa deserta dalla pandemia, si riduce la "sorveglianza civica" dei cittadini e numerosi spazi rischiano di essere colonizzati dai malviventi, sotto l'occhio impotente dei commercianti. Ed aumenta anche il rischio che le imprese in crisi di liquidità finiscano nel mirino di gruppi criminali, che offrono "denaro sporco". Parola a Giovanni Bort, presidente Confcommercio Trentino.

Con la crisi del commercio seguito alle restrizioni rese necessarie dalla pandemia, gli imprenditori trentini rischiano non solo di fallire, vendendo o svendendo le loro attività, ma persino di finire nelle mani della criminalità. Se da un lato c’è la pressione di malviventi e spacciatori, che hanno conquistato nuovi angoli di città prima regolarmente frequentati dalla cittadinanza ed ora deserti, dall’altro sembrano incombere sulle imprese trentine le “sirene” degli usurai, che mettono a disposizione capitali alle imprese in crisi, con l’obiettivo di riciclare denaro sporco. È questo il senso dell’allarme lanciato da Giovanni Bort, presidente di Confcommercio Trentino e della Camera di Commercio, che ha raccontato a “Belenzani” come si stiano moltiplicando le segnalazioni e le richieste da aiuto da parte degli imprenditori della città. 

«Con lo "Sportello sicurezza" raccogliamo tante segnalazioni preoccupanti di degrado e spaccio e le giriamo alle autorità»

Giovanni Bort, presidente Confcommercio Trento
«Riceviamo tante segnalazioni da parte di commercianti, baristi, ma anche semplici cittadini, che lamentano il degrado in cui sono cadute diverse aree della città in seguito alla pandemia», sottolinea il presidente Bort. Ed è questa la conseguenza in una certa misura inevitabile della desertificazione della città, esito a sua volta delle restrizioni imposte - più che dalle istituzioni - dalla natura sociale del contagio. Ma a presidiare il territorio, in prima linea nelle strade quasi vuote (fatti salvi i deprecabili ed occasionali assembramenti) sono le attività commerciali ridotte al lumicino: «La mancanza di persone in circolazione provoca un aumento degli spazi a disposizione per attività criminali come lo spaccio - riflette Bort - E certo, non aiuta nemmeno il contesto normativo, per cui raramente queste persone vanno incontro a pene adeguate. Devono essere fermate più e più volte prima di andare incontro ad una condanna». Per questo a maggio 2020 la Confcommercio, in collaborazione con le forze dell’ordine, ha attivato uno “Sportello sicurezza”, a cui gli associati possono segnalare le problematiche di maggior rilievo: «Raccogliamo segnalazioni anche anonime, - ha spiegato Bort - Perché alcuni, soprattutto nei piccoli paesi, temono a torto o a ragione per la loro privacy. Trasferiamo continuamente segnalazioni alle forze dell’ordine». 

«Le imprese più aggredibili sono quelle "giovani" che hanno investito tanto e non hanno più liquidità»

Turismo e ristorazione "nel mirino"

Oltre alla micro-criminalità, esiste un secondo fronte di “insicurezza”, anche più preoccupante, a cui sono esposte le piccole imprese, ovvero il rischio che le attività economiche in crisi di liquidità costituiscano un “boccone prelibato” per gruppi o associazioni criminali: «Il nostro timore riguarda principalmente i bar, i ristoranti e i piccoli esercizi, in particolare quelli di recente apertura che spesso hanno compiuto investimenti importanti indebitandosi per avviare la loro attività. Sono “aggredibili” - evidenzia Bort - Ed è facile che cadano nelle mani degli usurai, anche perché le banche non ti aiutano. Ma le aziende hanno bisogno di liquidità, perché devono pagare i conti, i dipendenti, i fornitori. In assenza di denaro molti finiscono per vendere o svendere». Sono dunque le piccole aziende quelle a maggior rischio di finire nel mirino dei gruppi criminali, ma Bort indica come problematico anche il settore dei grandi alberghi: «Tutto il comparto turistico è colpito duramente dalla crisi della liquidità e occorre prestare attenzione agli investimenti corposi di dubbia provenienza, perché sono spesso opera di soggetti che cercano di riciclare denaro sporco».

Fabio Peterlongo

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